LE LEGGENDE DEI CASTELLI DELLA VAL CENO – DON BERNARDINO – CASTELLO DI VARANO DE MELEGARI

FOTO:   http://www.castellodivarano.it

LEGGENDA TRATTA DA: CONTI G. – LEGGENDE DELLA VAL CENO – CENTRO STUDI VAL CENO – 2015

DON BERNARDINO A VARANO MELEGARI

Attente a voi, signore piacenti e fanciulle in fiore che varcate incoscientemente la soglia del castello di Varano dei Melegari: tra il possente dongione e gli arditi barbacani, sulle mura merlate, dove cinque secoli fa vegliava giorno e notte, armato fino ai denti, il turno di ronda della guardia pallavicina, quando cala la sera si aggira lo spirito inquieto di don Bernardino, sacerdote per necessità, ma grande amatore per vocazione.

E nel maniero varanese (anche a Zibello, Milano e altri luoghi sono stati teatro delle folli conseguenza della sua sfrenata libidine) don Bernardino ha creato per trent’anni una complessa e organizzata super-garconniere, vivendo anche con tre concubine per volta.

Il castello di Varano ha ospitato (più o meno volontariamente) gente nota come ad esempio Annibale Bentivoglio, famoso capitano, rinchiusovi dall’imbattibile avventuriero Nicolò Piccinino e audacemente fuggito nel 1443, ma, l’anima (nera) resta don Bernardino, il cui spirito ancor oggi erra febbrilmente nelle sale che lo videro amante impetuoso, mai sazio e senza scrupoli.

Nel 1480 Gian Francesco Pallavicino aveva ricomprato il castello (che era stato dei suoi avi) da Galeazzo Sforza, pagandolo 785 ducati d’oro e d’argento; ma Gian Francesco si fidava poco e preferiva vivere nel fortificato castello di Zibello, anche perché aveva sulle spalle una famiglia pesante, la moglie Clarice e cinque figli: Gaspare e Polidoro infermi di mente, Federico, Rolando, e Bernardino, senza contare i servitori, il maestro di casa, il maniscalco Matteo Ruggeri, il cancelliere Francesco de’ Fraganesi e le molte amanti.

Il più sveglio dei cinque maschietti era certamente Bernardino, fin da ragazzo violento e cacciatore di gonnelle, audace, alto e robusto, col fisico che piace alle ragazze; ma Gian Francesco aveva predisposto diversamente: Bernardino avrebbe fatto il prete. Ecco quindi il ginnasio a Ferrara e poi la laurea in diritto canonico; in seguito, quattro anni a Roma, referendario di papa Alessandro VI.

Al suo rientro a casa, don Bernardino viene nominato parroco della chiesa di San Siro a Sospiro nel Cremonese e torna a frequentare la casa del padre; ed è subito un colpo di folgore per la bella Marta Buffetti, amante proprio del genitore Gian Francesco, che l’aveva fatta maritare a un certo Giacomo Gazaniga.

Il padre è gelosissimo, del figlio, e cerca di allontanarlo da Zibello; ma don Bernardino, “preso com’era da lascivo amore”, non solo disubbidisce a Gian Francesco, ma pensa bene di far fuori il povero Gazaniga, con la complicità della moglie fedifraga. Poi, come premio porta Marta a Varano.

Tutto sembra tranquillo, quando entra in scena la sorella minore di Marta, Caterina, altra splendida donna: ha 26 anni ed è alta e ben fatta, gli uomini la desiderano e le altre donne naturalmente la odiano.

Caterina ha sposato Gian Pietro de Musini, figlio del fattore di Gian Francesco Pallavicino, un ometto gracilino, pallidino e sdentato, che nella propria vita di buono ha avuto solo questa stupenda ragazza. Ma per poco; una sera, durante una festa da ballo (Cristoforo Colombo ha appena scoperto l’America), Bernardino incontra Caterina, ed è il classico colpo di fulmine.

I due danzano tutta la notte, come in trance, e ogni giro di ballo è come una droga che li unisce sempre più. Bernardino tornerà a casa (anzi, in canonica) ubriaco d’amore, e Caterina a casa troverà il marito e suocero che la frusteranno di santa ragione: ma Caterina non sente le nerbate, tutta solleticata dal desiderio (reciproco) per il bel prete.

Bernardino, venuto a conoscenza delle botte e frustate ricevute dalla sua bella, afferma in pubblico: “Io farò che non canterà gallo né gallina di questa casa, se battono Caterina come hanno detto”. Ma il vero ostacolo non è tanto lo scheletrito marito, quanto il muscoloso suocero. Questi, però, nel marzo del 1496 viene trovato morto nella stalla, con tre pugnalate in faccia, al capo e in un braccio.

Si accusa del delitto Galeazzo dei Nardi, ma la mano omicida è del suo padrone, don Bernardino Pallavicino. Il gioco è fatto: una notte di maggio il prete (era ancora curato a Sospiro) si presenta a casa di Gian Pietro, lo picchia “ con stanghe linee” rapisce Caterina (sai che fatica!) che, vestita da uomo, finisce nella villa di Sospiro, fino alla morte del padre di Bernardino, Gian Francesco (avvenuta nel dicembre 1497), e quindi nel solito castello di Varano.

Qui vive la sorella Marta, ma Caterina, di carattere autoritario, diventa presto la vera castellana: canti, balli, cene tornano a rallegrare il tetro maniero, finchè la dinamica Caterina capisce che Bernardino ha “riscoperto” carnalmente Marta, ed effettua frequenti incursioni notturne nella stanza della, per cosi dire, cognata.

Caterina si aggira per il castello come una belva in gabbia, sfogando su servi e oggetti la sua ira e la sua gelosia; poi convince il mite parroco di Varano, don Battista Ferrari, a intervenire affinchè Marta sposi un certo Jacopo dei Leonardi detto Tantalino, un poveraccio che viene fatto da Bernardino signore di Solignano ( cosi resta fuori dai piedi). Caterina non deve più sopportare la sorella, ma Bernardino comincia a far la spola tra Varano e Solignano.

Occhio non vede e cuore non sente. Ma Bernardino, dopo un po’, inserisce nei suoi itinerari Milano, dove i Pallavicino possiedono un palazzo. Che affari sbrigherà? Caterina la gelosa (anche se intanto sono nati Uberto, Pallavicino e Sigismondo) incarica un ragazzotto di indagare; questi, tale Jorgetto, appura che “gli affari Milanesi” di Bernardino sono in realtà una cara e dolce fanciulla, sua nipote, di nome Margherita, con la quale si “congiunge spesso e volentieri carnalmente”.

Ricominciano le scenate di gelosia e le liti furibonde, finché, seccato, Bernardino costringe con la forza tale Marco degli Oppici di Solignano a sposare Margherita ( che si guarda bene dall’interrompere l’amorosa relazione con lo zio). Ma la diabolica Caterina non è ancora contenta: vuole regolarizzare la sua posizione castellana. C’è di mezzo il marito abbandonato, ma Gian Pietro, improvvisamente, un giorno del 1508 viene trovato stecchito: probabilmente ha bevuto qualcosa che gli ha fatto male.

Bernardino è ancora prete, arrivata la dispensa apostolica (roba da poco, si sposavano anche i papi), può impalmare la battagliera Caterina.

Tutto regolare, anche se don Bernardino continua sin che lo sostengono le gambe a insidiare dame e servotte, incurante dei nove figli che gli ha scodellato la donna Caterina.

E, quando le sue spoglie mortali vengono forzatamente allontanate dal suo nido d’amore di Varano, lo spirito si ribella, e pretende di restare dov’è tuttora, a sbirciare da dietro un merlo o il ponte levatoio o l’uscio tarlato del vecchio mulino se per caso spunta una contadina o una principessa, a cui magari rubare un bacio in un alitar veloce che pare un refolo di vento.

Tiziano Marcheselli – Fantasmi e leggende dei Castelli Parmensi-PR-Nicoli-1982

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